Sentiero Corradino
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Sentiero Corradino

Descrizione

II Progetto.

Il 22 agosto 1268, ai Piani Palentini, precisamente nella porzione di territorio compreso tra i paesi di Scurcola Marsica e Magliano dei Marsi, si svolse una grande battaglia che vide coinvolti 9000 soldati. La storia la ricorda come Battaglia di Tagliacozzo, paese oggi distante circa 10 Km dal luogo della battaglia, ma allora Contea sotto la cui giurisdizione tale territorio era ricompreso. Evento storico importante, ricordato dal sommo poeta Dante Alighieri nella Divina Commedia. Il Sentiero Corradino, adattato per esigenze escursionistiche,  ripercorre il tracciato compiuto dalle armate di Corradino di Svevia, provenienti da Roma, per raggiungere i Piani Palentini, luogo della battaglia. Scopo dell’intervento è stato recuperarne la prima tracciatura, da me realizzata nel 1998 e sostenuta economicamente dall’allora Comunità Montana “Marsica 1”, aggiornandola e rendendone di nuovo fruibile il lungo tracciato, segnato dallo scorrere del tempo e dal naturale deperimento avvenuto negli anni. Inoltre si è provveduto ad aggiornarne le tabelle esplicative, posizionandole nella bacheche originali dislocate lungo tutto il percorso già dal 1998 e si è realizzato il progetto grafico di una guida descrittiva dei sentieri e dei centri abitati interessati dal percorso (Magliano dei Marsi, Scurcola, Tagliacozzo e S. Marie).

Guelfi e ghibellini

La battaglia di Tagliacozzo del 22 agosto 1268 può essere vista come l’ultimo atto della grande lotta che vide opporsi, per più di un secolo, la fazione dei Guelfi a quella dei Ghibellini.

Lo scontro iniziò nel 1125, in occasione della morte dell’imperatore Enrico V. Fu in questo momento che si crearono due fazioni che si contesero il trono di Germania: quella dei Welfen, duchi di Baviera, in posizioni favorevoli a Roma, e quella degli Hohenstaufen, duchi di Svevia. Questi ultimi, conosciuti per il possesso del castello di Waiblingen, volevano rafforzare l’autorità regia contro l’invadenza del Papato.

Questa lotta per il potere, inizialmente tutta di stampo tedesca, col tempo venne presto traslata anche in Italia, dove andò a convergere in una conflittualità locale.

Nel 1137, dallo scontro tra le varie fazioni tedesche, emerse Corrado III Hohenstaufen: da quel momento, e fino alla metà del XIII secolo, ci sarà sempre sul trono di Germania, e conseguentemente sul trono imperiale, uno Svevo.

Antefatto

Il preludio della battaglia si può riscontrare con la morte di Federico II di Svevia, avvenuta  nel 1250. Il titolo di re di Germania passò, dunque, al figlio legittimo, Corrado IV. Al figlio naturale, Manfredi, venne invece affidata la luogotenenza dell’Italia e della Sicilia nel periodo della minorità di Corradino (figlio di Corrado IV). Di fatto, si impossessò del potere.

Poiché Papa Innocenzo III aveva riconosciuto Corradino come re di Gerusalemme e come duca di Svevia, ma non come re di Sicilia, nel 1254 Manfredi rivendicò il dominio sul Regno di Sicilia, riconoscendo Corradino come semplice baiulus, magistrato preposto all’amministrazione regia in sede periferica, di Sicilia. Queste mosse, in realtà, celavano progetti ben più ampi, culminati il 10 agosto 1258: in questa occasione, Manfredi, a dispetto delle prerogative del nipote, si fece incoronare re di Sicilia.

Il Pontefice, preoccupato dal celere sviluppo della successione al trono del Regnum, si oppose a questo evento, assegnando a sua volta la corona a Carlo I d’Angiò; così il 22 febbraio 1266 le due parti si scontrarono nella battaglia di Benevento, in cui Manfredi perse la vita.

È a questo punto che i ghibellini italiani, non ancora perse le speranze, chiesero la discesa in Italia dell’ultimo superstite svevo. Le loro richieste vennero presto esaudite: nel 1267, il giovane Corradino si preparò per la riconquista del suo regno. La sua avanzata nella Penisola fu trionfale quanto effimera: trovò una calorosa accoglienza a Verona e Pavia. Dalla fedelissima Pisa gli furono messi a disposizione denaro e, addirittura, la flotta. Infine, a Roma gli venne tributato un vero e proprio trionfo – celebrato anche grazie alla contemporanea assenza del Pontefice, che scelse di ritirarsi nella ben più difendibile Viterbo.

Corradino, tuttavia, valutò anche l’idea di espugnare la Città, così da poter fare prigioniero il Successore di Pietro. Alla fine, però, accantonò questi propositi, soprattutto per gli esiti, controproducenti, prodotti da un simile gesto.

La battaglia

Carlo d’Angiò, sapute le intenzioni del giovane svevo, già agli inizi di agosto corse a rafforzare i confini settentrionali del regno recentemente conquistato. Dopo settimane di spostamenti e rincorrersi di eserciti, infine, la sera del 22 agosto 1268 i due si trovarono uno di fronte l’altro, alle opposte rive di un ruscello – sulla destra Corradino, sulla sinistra Carlo d’Angiò – ai Piani Palentini, tra  Magliano dei Marsi e Tagliacozzo, in Abruzzo.

L’esercito svevo contava circa 5.000 uomini e il giorno della battaglia era diviso in tre formazioni: la prima era composta di cavalieri tedeschi, ghibellini toscani e rifugiati del regno di Sicilia, comandati rispettivamente da Kroff di Flünglichen, Corrado di Antiochia e Galvano Lancia. La seconda schiera era formata da spagnoli e ghibellini romani ed era guidata dal senatore di Roma, Enrico di Castiglia. La terza, infine, annoverava ghibellini lombardi, ed era posta sotto il comando dal marchese Pelavicino. In essa si trovava anche Corradino, attorniato dalla sua guardia del corpo.

A sua volta, anche l’esercito di Carlo d’Angiò, che non superava le 4.000 unità, era diviso in tre schiere. La prima, composta di provenzali e guelfi italiani, era comandata dal maresciallo di Francia Henri de Courence; la seconda era formata di mercenari francesi e condotta da Jean de Clary e dal siniscalco di Provenza Guillame L’Estendart; la terza, infine, era guidata dallo stesso Carlo e composta da 1.000 tra i più esperti e valorosi cavalieri del re.

Il piano ideato dal sovrano francese era stato concepito insieme al fidato consigliere di guerra, Alardo di Valèry. Quest’ultimo, di ritorno dalla Terrasanta, aveva appreso in Oriente alcune tecniche di combattimento dei Saraceni che volle riproporre su questo campo di battaglia. La strategia, ideata per sopperire allo svantaggio numerico, prevedeva una strategia tanto semplice quanto letale: due schiere sarebbero andate all’attacco del nemico mentre la terza, posta di riserva e nascosta tra le colline, avrebbe attaccato di sorpresa e alle spalle il nemico. Le prime due schiere angioine dovevano, inoltre, muovere all’attacco per attirare il nemico sul terreno collinoso, al di qua del ruscello, così da accerchiarli e impedirne la fuga.

Gli imperiali, dunque, si trovarono di fronte due schiere leggermente sfasate con al centro Carlo, che ostentava le insegne reali. Ovviamente, si trattava di un abile stratagemma: al suo posto c’era Henri de Courence, mentre il sovrano angioino si trovava a capo della riserva, celata allo sguardo del nemico.

Gli imperiali, caduti nel tranello, attraversarono vigorosamente il corso d’acqua, ponendosi subito in posizione d’attacco: la carica fu così furiosa, che l’esercito Svevo sbaragliò velocemente i nemici. Caddero anche le insegne con i Gigli di Francia, cosicché l’esercito di Corradino credette di aver ucciso il re.

In preda alla gioia quella che sembrava, agli occhi di tutti, una chiara vittoria, le truppe sveve ruppero lo schieramento, sparpagliandosi per il campo in cerca di bottino.

Fu a questo punto che Carlo d’Angiò fece la sua comparsa, attaccando gli Svevi che, colti di sorpresa, dopo un aspro e breve combattimento, furono sbaragliati.

Corradino si diede alla fuga verso RomaEnrico di Castiglia, allontanatosi dal campo di battaglia già durante le sue prime fasi, ritornò sul luogo dello scontro dopo aver smesso d’inseguire i nemici in fuga. Qui, accortosi della situazione, il nobile non si perse d’animo ma, anzi, riordinò le sue fila, nel tentativo di capovolgere le sorti della battaglia.

Tuttavia, anche in questo caso le armi sveve caddero in un tranello ordito dalla controparte angioina. I cavalieri di Carlo, infatti, simularono una fuga, attirando così le truppe di Enrico di Castiglia. Queste ultime, una volta rotta lo schieramento, furono facile preda delle truppe angioine: l’esercito svevo poteva dirsi definitivamente sconfitto.

Conseguenze

Come detto, Corradino fece rotta verso Roma. Resosi conto che l’Urbe non era poi tanto sicura, ripiegò su Torre Astura, località costiera del litorale romano posta vicino Nettuno, con l’intenzione forse di prendere il mare verso i domini di Pisa. Qui, tuttavia, fu tradito da Giovanni Frangipane, signore del luogo, il quale lo intercettò in mare e lo costrinse a tornare indietro. Fu rinchiuso nel castello e infine, dietro promessa di denaro e terre, fu consegnato a Carlo d’Angiò.

Seguì il processo e la condanna a morte, che venne eseguita il 29 ottobre del 1268 a Napoli: Corradino fu decapitato a Campo Moricino, corrispondente all’odierna piazza del Mercato della Città partenopea. Moriva, all’età di soli 16 anni, l’ultimo degli Hohenstaufen. Con lui tramontava anche il progetto degli Svevi di vedere la Penisola unita sotto l’autorità imperiale, indipendente dal potere della Chiesa.

Ma soprattutto, nonostante alcuni momenti di speranza e di ingannevole rinascita negli anni seguenti, la battaglia di Tagliacozzo rappresentò un colpo mortale per il partito ghibellino e per quanti credevano nel sogno imperiale. Gli esiti di questa battaglia ridisegnarono il quadro geopolitico dell’Europa di allora e secondo diversi studiosi, costituirono le basi di quella che molto più tardi divenne la “questione meridionale” in Italia.

 

LE LETTURE CONSIGLIATE:

  • Colasante, Giornata fatale : 23 agosto 1268 la battaglia di Tagliacozzo, Roma, Ginevra Bentivoglio Editore, 2018
  • Citarelli-M. Cozza-A. Fabri, La battaglia di Tagliacozzo, 1268, Isomedia
  • Il sentiero

Il sentiero Corradino, la cui prima tracciatura, economicamente sostenuta  dall’allora Comunità Montana Marsica 1, realizzai nel 1998, rappresenta un adattamento dettato da esigenze escursionistiche, del percorso compiuto dalle armate corradiniane nel loro avvicinarsi, provenienti da Roma, al luogo della battaglia. Questi i dati schematici del percorso:

  • 150 km c.a. di itinerario (Sentiero Corradino + Alte Valli Fiumi Imele e Liri)
  • 9 comuni interessati: Magliano dei Marsi – Scurcola Marsicana – Tagliacozzo – S. Marie – Carsoli – Pereto - Cappadocia - Castellafiume (tutti in provincia di L’Aquila). Regione lazio/provincia Roma: Vallepietra
  • 16 Frazioni: Montesabinese – Colle di Monte Bove – Roccacerro - Tremonti – S. Giovanni – Castelvecchio – Val De Varri - S. Stefano - Marano - Poggetello – Gallo – S. Donato – Poggio Filippo - Verrecchie - Petrella Liri - Pagliara
  • 5 stazioni ferroviarie della linea Roma-Pescara interessate (Carsoli – S. Marie – Tagliacozzo – Scurcola - Avezzano); linea Avezzano - Roccasecca: stazione di Capistrello. (Caratterizzazione: ECOSOSTENIBILE – MOBILITA’ LENTA - possibilità connubio TRENO / BICI)
  • Ulteriori valenze:
    • Collegamento possibile con il vicino sito di interesse storico Alba Fucens
    • Collegamento con i luoghi di culto particolarmente importanti: Santuario di S. Maria dei Bisognosi (Pereto) – Santuario della S.S. Trinità (Cappadocia) – S. Maria in Valle Porclaneta (Rosciolo) – S. Pietro in Albe (Alba Fucens) più altri importanti siti storico monumentali e dello spirito presenti nei Paesi interessati dal percorso. Da sottolineare come contemporanee alla battaglia sono le vicende legate a S. Francesco d’Assisi e al suo biografo, il Beato Tommaso da Celano, le cui spoglie, prima di essere trasferite alla chiesa di S. Francesco di Tagliacozzo (secondo sito mondiale di interesse per il francescanesimo, dopo Assisi), stazionarono in una piccola chiesa delle Clarisse, nei pressi della frazione di Val De Varri (S. Marie), oggi non più esistente se non nelle sue fondamenta, dove le cronache ci dicono che stazionò nella notte prima della battaglia lo stesso Corradino di Svevia. Un piccolo sito in cui è passata la grande storia per ben due diverse narrazioni.
    • 4 Castelli medievali interessati dal percorso: Tremonti, Tagliacozzo, S. Donato e Scurcola Marsicana, il meglio conservato di tutti. Interessato, anche se solo marginalmente, il sito dove era localizzato l’ormai estinto castello della Ceria, presso Camporotondo di Cappadocia. Tutti essi erano parte di una rete di castelli medievali che ornavano le alture del Fucino e le montagne limitrofe; tale tessitura costituiva una efficiente orlatura difensiva, che aveva il suo punto di forza in un ingegnoso ed efficace sistema di comunicazione/traguardazione ottica con il quale allertare i vari Signori in caso di violazione dei lunghi confini del territorio.
    • Analisi finalità intervento:

Il sentiero Corradino segna l’apertura ad un turismo diverso già nella sua prima tracciatura del 1998 dove, grazie ad esso, si percorrono strade innovative in cui sostenibilità ambientale, promozione territoriale e supporto alla microimpresa turistica  trovano il loro naturale sostentamento. Il sentiero ha la pretesa di accompagnare l’escursionista in un viaggio a cavallo tra natura, cultura e la grande storia che caratterizzano la parte più occidentale d’Abruzzo: la Marsica. La promozione territoriale, soprattutto dei centri minori (frazioni), viaggia attraverso la mobilità lenta e di tutte quelle attività legate allo sviluppo eco sostenibile. Vasta è la platea dei potenziali destinatari di tale tipologia di promozione, che potranno trovare in una serie sempre più strutturata di servizi di supporto al turismo (dalla piccola ricettività, alla ristorazione, ai servizi di accoglienza-accompagnamento-supporto) il proprio punto di riferimento. Il valore del tempo lento, della rigenerazione interiore e della scoperta del proprio essere camminando in luoghi ricchi di fascino, di storia, di tradizioni rappresentano il mezzo con il quale calarsi nel tessuto sociale di questa parte dell’Abruzzo più interno, in cui rimangono vive tradizioni, arte e cultura gastronomica ricche di specificità tipiche di questo territorio.

Possibili sviluppi:

L’asse portante del sentiero interessa una porzione di territorio montano ed interno che funge da cerniera tra LAbruzzo e Lazio. Un territorio di confine, di passaggio, tra quello che nell’800 era frontiera tra Stato pontificio e il Regno borbonico delle Due Sicilie.  Il sentiero, nella sua parte denominata “Alte valli dei Fiumi Imele e Liri” raggiunge, nella sua estensione più occidentale, il Santuario della S.S. Trinità (Vallepietra, Lazio/Roma). Esso ricalca idealmente il tracciato del Re in fuga Corradino di Svevia verso il Tirreno, da dove si imbarcò con i suoi fedelissimi per cercare rifugio presso i ghibellini amici di Pisa. L’ASD Skimuniti di Tagliacozzo ha pronto un progetto che propone di connettere, sempre seguendo le tracce della grande storia, questa parte interna d’Abruzzo con Anzio e precisamente con il castello di Torre Astura, sede allora della famiglia Frangipane le cui vicende connesse alla cattura e seguente consegna del Re Svevo, sono trattate in premessa. Idealmente e per suffragare meglio le potenzialità di tale percorso, sarebbe auspicabile un suo ampliamento anche verso est, in direzione di L’Aquila prima e del mare Adriatico poi, per dare ai frequentatori di tali percorsi la possibilità di vivere un’esperienza unica, immersi in un ambiente ricco e ben conservato, attraverso paesi affascinanti ricchi di storia, di tradizioni, di accoglienza e di buon cibo.

Conclusioni:

Il Sentiero Corradino in questo progetto vede recuperata e aggiornata la sua tracciatura, evidenziazione mediatica e promozione attraverso:

  • la realizzazione, sempre da parte dell’Associazione scrivente, delle tabelle descrittive che sono state collocate nelle bacheche originarie dislocate lungo tutto il sentiero;
  • Realizzazione di una Guida descrittiva (progetto grafico da dare alle stampe) e informativa sulla rete sentieristica oggetto dell’intervento (Sentiero Corradino e Sentiero Alte valli Fiumi Imele e Liri).

A questi sentieri, la cui oigine come detto è del 1998, hanno fatto seguito altri itinerari, anch’essi centrati su eventi storici del passato. Segnalo che tali itinerari percorrono molti tratti in comune tra loro e questo non è razionale oltre che poco organico. L’ASD si propone come soggetto in grado di giungere ad una Carta Sentieri Unica della Marsica Occidentale nella quale, interagendo con gli estensori degli altri itinerari, far confluire, a seguito di idonea revisione, tutti i Cammini e la rete itinerari escursionistici e ciclescursionistici della zona.

Sentiero Corradino